L’orizzonte dell’amore

Alberto Frigerio

Discorso tenuto durante la presentazione del percorso “Noi siamo un capolavoro: Raccontare la bellezza della sessualità alle nuove generazioni”, il 11 novembre 2023 presso la Curia Arcivescovile di Milano.

 

Il titolo dell’incontro odierno Noi siamo un capolavoro. Raccontare la bellezza della sessualità alle nuove generazioni evoca una felice formula di sant’Ambrogio, il quale scrive nel commento ai sei giorni della creazione: «È finito il sesto giorno e si è conclusa la creazione del mondo con la formazione di quel capolavoro che è l’uomo»[1]. Il titolo è dunque consono alla visione della persona promossa dalla Bibbia e dall’esegesi di Ambrogio. Il titolo è altresì consono alla visione biblica per riferimento alla bellezza della sessualità. I due racconti di creazione genesiaci, intenti a illustrare con linguaggio sapienziale ciò che qualifica la condizione umana[2], cantano infatti la magnificenza della sessualità umana, che parla la lingua dell’amore generativo. L’umanità è creata nella differenza sessuale «Dio creò l’uomo, maschio e femmina li creò» (Gen 1,27); i due sono invitati a tessere comunione: «Non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto» (Gen 2,18); la comunione consente di cooperare alla creazione: «Dio li benedì e disse loro: siate fecondi e moltiplicatevi» (Gen 1,28). Gn 1-2 invita così a leggere la differenza sessuale come chiamata ad aprirsi all’altro (Gn 2) e portare frutto con l’altro (Gn 1), come segnala Patrizio Rota Scalabrini: «L’incontro della coppia costituisce la base della relazione di parentela e di generazione»[3].

D’altra parte, il testo biblico rileva con vivo realismo che la sessualità umana è ferita dalla tendenza degli esseri umani a ripiegarsi su di sé anziché vivere con e per l’altro. San Bernardo parla di «anima curva»[4] per riferimento all’attitudine egoistica dell’umanità. Genesi esprime il vulnus prodotto dal peccato nella sessualità attraverso l’immagine dell’uomo che domina la donna e della donna che seduce l’uomo (Gn 3,16), a indicare che alla comunione subentrano la violenza e la complicità, come possiamo tristemente constatare quotidianamente nei fatti di cronaca. L’amore umano ha dunque bisogno di essere salvato, come comprova l’insegnamento di Gesù, il quale nel dialogo con gli apostoli inerente alla relazione uomo/donna denuncia la durezza di cuore (sclerocardia) (Mt 19,8), che esprime l’indisponibilità interiore a intendere e vivere il piano divino sull’amore umano, che si realizza nel dono completo di sé, che è la nota costitutiva dell’amore. In questa cornice s’inscrive il mio intervento, intitolato L’orizzonte dell’amore, intento a promuovere la ricomprensione dell’amore in tutte le sue dimensioni, ovviando ad alcune riduzioni che connotano la concezione corrente della sessualità, che sono espressione della sclerocardia di cui parla il Signore.

Oggigiorno va infatti propagandosi la visione sentimentale e pulsionale dell’amore, promossa dall’ermeneutica romantica e naturalistica, che misurano la verità dell’amore in base alla sua intensità emotiva e affrancano la pulsione sessuale (libido) da ogni vincolo per incentrarla unicamente sul suo appagamento. Tale concezione è comprovata dall’incipiente processo di emancipazione dai tradizionali codici di comportamento in materia di sessualità, che conduce a de-stigmatizzare il sesso non coniugale in tutte le sue varianti.

Per usare il linguaggio di Søren Kierkegaard, all’ideale della vita etica, incarnato dall’amore matrimoniale, di chi s’impegna in un compito a cui decide di restare fedele, è subentrato l’ideale della vita estetica, incarnato dall’amore erotico, di chi rifiuta ogni vincolo e cerca l’attimo della propria momentanea realizzazione[5]. In effetti, oggigiorno le relazioni sono basate sul registro emotivo ed edonista, come attesta il propagarsi di rapporti occasionali o comunque senza impegno, che esprime la convinzione secondo cui la condotta sessuale avrebbe per criterio il coinvolgimento passionale («Amor m’assale»[6]), e l’appagamento libidico («Noi al volo rubiamo un piacere clandestino e lo spremiamo con forza»[7]).

Come nota Giuseppe Angelini, la rinuncia a scelte definitive per adottare modelli provvisori, riservandosi la possibilità di cambiare al mutare degli eventi e della percezione che se ne ha, esprime una visione sperimentalistica della vita:

«Gli stili di vita che oggi sono correntemente praticati – e anche predicati, raccomandati cioè dai discorsi comuni come ovvi – sono quelli nel segno della provvisorietà, o della versatilità, della disposizione pronta cioè a cambiare e ad adattarsi prontamente ai cambiamenti dei tempi. La vita tutta è intesa come un grandioso esperimento, come un’avventura nella quale tutto è sempre da capo in discussione. Tutto dev’essere sempre da capo verificato alla luce dei nuovi referti dell’esperienza. Anche i legami personali sono mantenuti in essere soltanto fino a che serve, fino a che l’esperienza mostra che se ne può trarre qualche vantaggio»[8].

Lo sperimentalismo è però viziato da un duplice limite: lascia incompiuta la libertà, in quanto è davvero libero chi è capace di volere e decidere di sé per riferimento a quanto riconosce come vero (non a caso, gli stili di vita provvisori e frammentati sono segnati da fatiche, in quanto carenti di narrazioni e progetti di vita unitari); riduce l’esperienza a un dinamismo di immediatezza, mentre l’esperienza è tale se il dato puntuale è colto in unità al dato biografico, entrando a far parte della narrazione storica. Si tratta dunque di passare dal momento dell’agire in cui l’atto è un esperimento tramite cui il soggetto si cerca, come è tipico dell’adolescente, al momento dell’agire in cui l’atto è una promessa, tramite cui il soggetto si spende per ciò che riconosce come degno di dedizione, come fa o dovrebbe fare l’adulto.

A tal fine, è decisivo promuovere un’adeguata comprensione dell’amore, ponendo la pulsione e il sentimento in una visione integrata della persona, come fa l’ermeneutica personalista di Karol Wojtyla[9]. Gli istinti sessuali non vanno inibiti né gli affetti vanno censurati, come accadde nella società patriarcale borghese di matrice puritana. Al contrario, si deve accordare il giusto rilievo alla pulsione e al sentimento, che sono parti rilevanti per riferimento all’esperienza amorosa, in quanto la pulsione chiama fuori da sé certificando l’apertura all’altro, il sentimento consente di percepire la radice attrattiva della relazione con l’altro. D’altra parte, l’amore va inteso nell’ottica della responsabilità come rapporto reciproco di persone, leggendo il dato pulsionale e sentimentale in unità al dato volitivo e cognitivo, in quanto l’amore si esprime in pienezza nella volontà di operare il bene di chi si ama.

Come insegna san Tommaso d’Aquino, l’amore è una forza unitiva e aggregativa («Amor est vis unitiva et concretiva»[10]) che spinge a ricercare l’unione con la persona amata. D’altra parte, l’atto d’amore, ovvero amare, tende verso due oggetti, che sono la persona a cui si vuole bene e il bene che le si vuole («In hoc enim praecipue consistit amor, quod amans amato bonum velit»[11]). Motivo per cui il dinamismo d’amore, che ha avvio dall’attrazione (pulsione) e dalla simpatia (emozione) che si prova per l’altro, è chiamato a trasformarsi nell’amicizia, il cui tratto specifico è la benevolenza, che consiste nel volere il bene dell’altro. L’amore esige di ricercare il bene della persona amata, che si realizza nell’oggettiva mediazione di ciò che la ragione riconosce come bene per lei, a cui è chiamata a ordinare le pulsioni, le emozioni e la volontà. Come insegna Amoris laetitia, «l’amore non è solo un sentimento, ma si deve intendere nel senso di fare il bene»[12].

La verità dell’amore (veritas amoris) consiste dunque nel volere l’altro come bene per sé ma anche ciò che costituisce il bene per l’altro. Motivo per cui l’orizzonte dell’amore muove tra due poli: è dischiuso dall’attrazione e simpatia che si prova per l’altro (primo polo); trova compimento nel coinvolgimento di tutto sé stessi per con l’altro e nell’operare il bene dell’altro (secondo polo). Motivo per cui, come segnala l’Arcivescovo di Milano nella Proposta Pastorale, «la comunità cristiana deve assumere la responsabilità di educare all’amore in tutte le dimensioni affettive, sentimentali, sessuali»[13].

Per concludere, il transito dall’amore pulsionale e romantico a quello benevolo trova documentazione esemplare nell’opera di Giuseppe Verdi La traviata, che narra la vicenda amorosa tra Alfredo Germont, giovane di buona famiglia, e Violetta Valery, controversa donna dei salotti parigini. Al principio dell’Opera Violetta accoglie l’invito di Alfredo a libare coi calici colmi di vino e innalza una lode all’amore passionale e sentimentale: «Godiam, fugace e rapido è il gaudio dell’amore; è un fiore che nasce e muore, né più si può goder»[14]. Al termine dell’Opera Violetta, tisica e ormai prossima alla morte, riceve la visita di Alfredo, a cui aveva già rinunciato per non comprometterne il nome, e gli testimonia la dedizione dell’amore benevolo:

«Più a me t’appressa ascolta, amato Alfredo. Prendi: quest’è l’immagine de’ miei passati giorni. A rammentar ti torni colei che sì t’amò. Se una pudica vergine degli anni suoi nel fiore a te donasse il core sposa ti sia lo vo’. Le porgi questa effige: dille che dono ell’è di chi nel ciel tra gli angeli prega per lei, per te»[15].

Come attesta l’opera di Verdi, l’amore è una passione che si prova per l’altro, che può anche terminare, quantomeno nella forma dell’innamoramento, mentre amare è l’azione che fa maturare l’amore e lo realizza in riferimento all’altro prendendosi cura del legame che si tesse con l’altro nella pratica del bene per l’altro. Amare è opera di libertà, che asseconda l’invito dell’amore alla vita nuova: «Incipit Vita Nova»[16].

[1] Ambrogio, Hexameron, 9,10.

[2] Gn 1-11 non ha un approccio storico, volto a dire ciò che sarebbe accaduto all’inizio della creazione, né scientifico, volto a dire come sarebbe avvenuta la creazione, ma sapienziale, volto a dire ciò che è dall’inizio della creazione.

[3] P. Rota Scalabrini, Da principio fu così … Antropologia e teologia della coppia in Genesi, in G. Angelini (ed.), Maschio e femmina li creò (Disputatio 20), Glossa, Milano 2008, 117-149:

[4] Bernardo, Sermones super Cantica Canticorum, 25,7.

[5] Cfr. S. Kierkegaard, Aut-Aut, Mondadori, Milano 2016.

[6] G. Guinizzelli, Lo vostro bel saluto e ’l gentil sguardo, v. 3.

[7] C. Baudelaire, Al lettore, vv. 19-20.

[8] G. Angelini, La prima nascita e la seconda. Istruzioni per il battesimo dei bambini, V&P, Milano 2023, 57.

[9] Cfr. K. Wojtyla, Amore e responsabilità. Morale sessuale e vita interpersonale, Marietti, Milano 1978.

[10] Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, I, q. 20, a. 1, ad 3.

[11] Ivi, I, q. 20, a. 2.

[12] Francesco, Amoris laetitia, 94.

[13] M. Delpini, Viviamo di una vita ricevuta. Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona (Gen 1,31), Centro Ambrosiano, Milano 2023, 15.

[14] G. Verdi, La traviata, 1,2.

[15] Ivi, 3,7.

[16] D. Alighieri, Vita Nuova, 1,1.

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Alberto Frigerio

Alberto Frigerio

Alberto Frigerio è sacerdote della Diocesi di Milano. Professore incaricato di Etica della vita presso l’ISSR di Milano e docente di Religione presso il Centro di Formazione Professionale In-Presa di Carate Brianza. Laureato in Medicina e Chirurgia, ha conseguito un Master in Integrative Neuroscience presso l’University of Edinburgh, Scozia. Ha conseguito la Licenza e il Dottorato in Sacra Teologia al Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II, Roma e Washington.

Chi siamo

Il Veritas Amoris Project mette al centro la verità dell’amore come chiave di comprensione del mistero di Dio, dell’uomo e del mondo e come approccio pastorale integrale e fecondo.

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