La differenza sessuale: via alla comunione generativa

Alberto Frigerio

Come suggerisce la filosofa e psicoanalista Luce Irigaray, la differenza sessuale costituisce il tema cruciale del tempo presente: «La differenza sessuale rappresenta uno dei problemi se non addirittura il problema che la nostra epoca ha da pensare. Ogni epoca, secondo Heidegger, ha una cosa da pensare. Una soltanto. La differenza sessuale, probabilmente, è quella del nostro tempo»[1].

In effetti, la rivoluzione sessuale[2], esplosa negli anni Sessanta del Novecento, ha dato avvio al processo di de-stigmatizzazione del sesso non coniugale in tutte le sue varianti, operando una progressiva e radicale emancipazione dai tradizionali codici di comportamento in tema di sessualità[3]. In particolare, la proliferazione di identità al di là della cornice binaria maschio-femmina, diffusa nei costumi sociali, promossa a livello politico-giuridico e favorita dalle inedite possibilità di manipolazione corporea dischiuse dal progresso tecnologico, sembra paventare una risignificazione illimitata della sessualità umana. Per questo motivo, c’è chi parla di age of unisex[4], in cui ciascuno sarebbe più o meno maschio o femmina in variazioni differenti, graduali e mutevoli nel tempo.

D’altra parte, il tema della differenza tra maschio e femmina non può venire liquidato con troppa facilità, come se si trattasse di un puro artificio culturale, non foss’altro per il carattere sessuato della riproduzione umana, che fonda la binarietà dei sessi[5]. A livello biologico la differenza sessuale è poi confermata dallo sviluppo anatomo-fisiologico del soggetto, che ha avvio nei cromosomi, si estende a livello gonadico e genitale[6] e non manca d’interessare la conformazione cerebrale[7], incidendo su tutti gli aspetti della salute umana[8].

L’impossibilità di azzerare la differenza sessuale è comprovata dalle indagini psicologiche, che rilevano l’esistenza di alcuni tratti caratteristici del sesso maschile e femminile, costanti nelle epoche e culture[9]: i maschi sono più intraprendenti e aggressivi, le femmine più inclini all’empatia e alla cura emotiva[10]. La differenza sessuale è poi confermata dallo studio dei ruoli genitoriali condotto dalla psicologia sociale, che rileva l’esistenza di un codice etico paterno e affettivo materno, solo in parte sovrapponibili e interscambiabili[11], e dallo studio della sessuazione condotto dalla psicoanalisi, che rileva la supplementarietà tra sesso maschile e femminile, in cui si hanno due modi quantitativamente diversi d’inscrizione nella funzione fallica (tout negli uomini, pas-toute nelle donne), che comportano due forme diverse di godimento (fallico negli uomini, Altro nelle donne)[12].

Le scienze biologiche e psicologiche attestano dunque l’esistenza della differenza tra maschio e femmina, che tuttavia non va ripetuta come fosse un ovvio truismo, ma va fatta oggetto di riflessione del sapere filosofico e teologico, ricercando ed elaborando strumenti concettuali in grado di attestarne il senso antropologico.

1. Indagine filosofica

Attualmente i due paradigmi più noti e elaborati sulla sessualità umana sono la teoria del genere, di area anglosassone, che propende per l’indifferenza sessuale e mira a sovvertire la visione e pratica tradizionale della sessualità[13], e il pensiero della differenza sessuale, di area continentale, che ritiene la differenza sessuale un dato originario e costitutivo dell’essere umano e ne ricerca una comprensione al di là degli stereotipi tradizionali[14].

La teoria del genere è un insieme composito di teorie, volte a de-naturalizzare la sessualità umana a favore di una sua lettura meramente culturale. La ricerca condotta dai gender studies ha consentito di recensire molteplici rappresentazioni culturali del maschile e del femminile, mutevoli nel tempo e nello spazio. In tal senso, il maschile e il femminile paiono privi di costanti e la differenza sessuale sembra assumere tanti significanti quante sono le culture e anzi gli individui. Gli studi di genere paiono così avallare la lettura indifferenziata dei sessi operata dalla teoria del genere, che sostituisce il concetto di sex con quello di gender. Alcune teoriche del gender propongono di decostruire il sistema sex/gender in due domini separati, per garantire l’indipendenza del culturale dal naturale[15], altre invitano a considerare il sex come costruzione culturale operata dal potere performativo del linguaggio, per stabilire una dipendenza del naturale dal culturale[16].

La teoria del genere, di orientamento post-strutturalista, ha il merito di evidenziare l’incidenza del discorso sociale nella definizione del maschile e del femminile e l’importanza del linguaggio nel processo identitario, superando la visione naturalistica della sessualità, che deduce i predicati relativi alla mascolinità e femminilità dall’alto, a partire dal corpo sessuato come maschile o femminile. D’altra parte, l’influsso del parlante sul vivente è inteso in senso pressoché unilaterale e conferisce al linguaggio il potere magico di creare il reale[17]. Il post-strutturalismo, asserisce la filosofa Sylviane Agacinski, anziché intendere l’essere umano come vivente dotato di linguaggio, subordina il vivente al linguaggio, secondo una visione antropologica dualista, spiritualista e logocentrica[18].

In effetti, l’indagine sulla corporeità d’indirizzo fenomenologico-ermeneutico invita a considerare il corpo come realtà vivente, che contribuisce allo sviluppo identitario. Come insegna Edmund Husserl, eponimo della corrente fenomenologica, il corpo non è solo corpo-oggetto (Körper) ma anche corpo-soggetto (Leib), in quanto partecipa alla costituzione dell’identità personale[19]. Come insegna Paul Ricoeur, che integra la fenomenologia con l’ermeneutica, il cogito è radicato nella corporeità, in quanto il corpo-proprio è la prima forma di alterità, che da sempre incide sulla elaborazione psichica e sulla vita morale del soggetto[20]. Pretendere che il gender sia separato dal sex o che il gender assorba il sex, significa misconoscere il ruolo che il corpo gioca nel processo di sessuazione, assoggettarlo totalmente all’evento discorsivo e ridurlo a appendice manipolabile.

Corpo e linguaggio sono intrecciati, in quanto il linguaggio significa il corpo, che è a sua volta realtà significante: «Il logos “informa” il corpo, è vero. Però, in altro modo, si deve pur dire che il logos è pure “informato” dal corpo»[21]. La sessualità umana non è un dato solo organico, ma non è neppure una mera produzione culturale, in quanto il corpo umano ha da sempre rilievo anche simbolico, che dischiude un orizzonte di senso: «La condizione naturale (biologica) è nel contempo simbolica»[22]. Il dato ineludibile della differenza sessuale è evento generatore di senso, che dischiude una molteplicità di significati, da cogliere e declinare culturalmente[23]. È questo l’assunto centrale del pensiero della differenza sessuale, che si declina nel vissuto personale e di coppia.

“Per la Zanardo la radice del differire si trova nell’esperienza della generazione, in cui il contributo maschile e femminile sono diversi: la donna si dispone a recare in sé l’altro e il corpo femminile è luogo per l’altro che apre alla vita, mentre l’uomo si dispone a portare sé in altro e il corpo maschile si mette nell’altro per porvi la vita.”

Sul versante del vissuto personale, le teoriche del pensiero della differenza sessuale intendono quest’ultima come dato inaggirabile e però indefinibile, rinunciando a qualsiasi costante del maschile e del femminile, per timore di rinchiuderli in schemi rigidi e prefissati[24]. D’altra parte, come rileva la filosofa Susy Zanardo, la differenza sessuale è realtà inevitabile e anche orientante, che non determina e però suggerisce un certo modo di stare al mondo dell’uomo e della donna. Sebbene la differenza sessuale trascenda la capacità del soggetto di dirla, non per questo si deve rinunciare a significarla. Per la Zanardo la radice del differire si trova nell’esperienza della generazione, in cui il contributo maschile e femminile sono diversi: la donna si dispone a recare in sé l’altro e il corpo femminile è luogo per l’altro che apre alla vita, mentre l’uomo si dispone a portare sé in altro e il corpo maschile si mette nell’altro per porvi la vita. Questo spiega perché la madre corre il rischio di divorare l’altro, mentre il padre di mettervisi davanti[25].

Sul versante del vissuto di coppia, le teoriche del pensiero della differenza sessuale considerano quest’ultima come frutto di un processo di elaborazione soggettiva o col simile, per timore di definire un sesso sul modello dell’altro e ricadere in una visione funzionalistica di complementarietà[26]. D’altra parte, come rileva la Zanardo, la differenza sessuale è significata nel contesto relazionale, in specie di coppia, in cui i soggetti maturano la propria identità e si dispongono a donarsi e ricevere ciò che da soli non sono né possono raggiungere. Per la Zanardo senza differenza non si dà identità, poiché questa implica la comprensione di sé come identico a sé e diverso da altri. Senza l’altro differente da sé il soggetto non si ritrova, in particolare senza l’altro sessualmente differente, in quanto la differenza più radicale è quella sessuale[27], che fa differire da sé un essere umano uguale a sé e lo fa essere se stesso: uomo o donna. La differenza sessuale s’inscrive nel soggetto come un limite, in quanto l’altro limita l’io, che si rende conto di non essere tutto. Il limite però non è motivo di conflitto, come per la teoria del genere, che mira ad abolirlo a favore dell’indistinzione sessuale, né mera vulnerabilità, come per il pensiero della differenza sessuale, secondo cui l’incompletezza non si risolve nella relazione col differente ma si elabora in sé e nella mediazione col simile. Piuttosto, il limite è anche ricchezza, in quanto la differenza sessuale apre il soggetto all’alterità, all’altro modo di essere umano a sé inaccessibile, e invita a ricercarsi nell’altro, senza cui l’io non consiste: «In quanto significante di alterità, la differenza sessuale è il luogo dove s’impara a desiderare l’altro»[28].

2. Indagine teologica

Biologia, psicologia e filosofia hanno certificato l’esistenza della differenza sessuale e ne hanno rilevato l’importanza per il vissuto personale e di coppia, che attende di essere illuminato alla scuola della Rivelazione. Del testo biblico analizzeremo i racconti di creazione genesiaci, riletti alla luce delle relazioni trinitarie, a cui seguiranno alcune riflessioni teologiche relative alla famiglia, dimora della persona e grembo della società.

La scelta dei primi capitoli della Genesi, frutto maturo dell’esperienza storica di Israele, è dovuta al fatto che costituiscono un’eziologia meta-storica, volta a dire ciò che appartiene costitutivamente al vissuto umano[29]. La cosmogonia sacerdotale di Genesi 1 e jahwista di Genesi 2 delineano il piano divino sull’amore umano secondo tre coordinate: 1. L’essere umano è creato nell’unità di due esseri differenti: «Dio creò l’uomo, maschio e femmina li creò» (Gn 1,27); 2. I due sono invitati a vivere in comunione: «L’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno una sola carne» (Gn 2,24); 3. La comunione consente ai due di cooperare alla creazione: «Dio li benedì e disse loro: siate fecondi e moltiplicatevi» (Gn 1,28). Il Libro della Genesi delinea così la fisionomia dell’amore umano secondo la prospettiva nuziale, che implica la relazione sponsale tra uomo e donna, ma anche l’orientamento alla famiglia attraverso la maternità e paternità, come suggerisce l’esegeta Patrizio Rota Scalabrini: «L’incontro della coppia costituisce la base della relazione di parentela e di generazione»[30].

I racconti di creazione genesiaci, in specie il primo, si prestano a una rilettura in chiave trinitaria, che consente di gettare luce sull’amore umano. È quanto suggeriscono alcuni esegeti, secondo cui la dottrina dell’imago Dei di Genesi 1 celerebbe il tema trinitario: «Dio disse: Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza» (Gn 1,26). L’intentio auctoris fa riferimento alla capacità dell’umanità di entrare in relazione libera con Dio, in quanto il plurale lo si spiega come pluralis deliberationis o in relazione alla corte celeste: l’uomo e la donna non hanno il proprio fine in se stessi né nell’altro/a da sé, quasi che potessero completarsi a vicenda, ma si caratterizzano per il dialogo che sono chiamati a tessere col Creatore. D’altra parte, il principio esegetico del sensus plenior autorizza a interpretare il passo alla luce della Rivelazione trinitaria, che rilegge l’apertura dei due a Dio nell’apertura dell’uno all’altro.

La creazione dell’essere umano sessuato (v. 27) e l’invito a moltiplicarsi (v. 28) suggerisce «un rapporto di somiglianza tra Dio che crea e l’uomo, maschio e femmina, che, benedetto da Lui, procrea»[31]. L’analogia tra fare-creatore di Dio e fare-procreatore dei due dischiuderebbe lo sviluppo dell’analogia tra coppia feconda e Trinità, pienamente svelata dall’annuncio del Dio Amore (1 Gv 4,8)[32]. Pertanto, l’imago Dei si realizza nell’individualità, ma anche nell’unione tra esseri umani, in special modo nella relazione di coppia: come Dio è uno e molteplice, così la Sua immagine è il singolo e la comunione.

La dottrina trinitaria insegna che Dio è comunione di persone (μια ουσια τρεις υποστασεις = una natura tre persone), in cui le differenze sono vissute nella perfetta unità. Le differenze trinitarie tra Padre, Figlio e Spirito sono radicate in e sono condizione per vivere la comunione feconda. Nella vita divina il Padre genera il Figlio e dal Padre e dal Figlio procede lo Spirito, che è legame (nexus) e frutto (donum) del loro amore.

“I racconti archetipi di Genesi presentano la differenza sessuale come dato costitutivo dell’essere umano e dischiudono il senso dell’amore umano, in cui la persona si trascende per trovarsi nell’altro da sé che è la persona amata e il frutto di quest’amore.”

L’annuncio del Dio Unitrino illumina la persona, che si realizza nello scambio d’amore da, per e con l’altro[33], e rischiara la relazione sessuale, in cui rifulge in maniera singolare l’originaria communio personarum divina, come suggerisce l’esegesi di Gn 1,26 di Yves Simoens: «La differenziazione in Dio, espressa dal verbo alla prima persona plurale “facciamo”, è seguita dalla differenziazione nell’essere umano: maschile e femminile; essa costituisce l’immagine e la somiglianza. Una differenziazione non sta senza l’altra. La comunione in Dio fonda la comunione della coppia. Dio esprime il maschile e il femminile come il maschile e il femminile esprimono Dio»[34]. In tal senso, è nella polarità sessuale, capace di portare vita, che si realizza pienamente l’effigie di Dio[35].

I racconti archetipi di Genesi presentano la differenza sessuale come dato costitutivo dell’essere umano e dischiudono il senso dell’amore umano, in cui la persona si trascende per trovarsi nell’altro da sé che è la persona amata e il frutto di quest’amore. La lettura congiunta dei racconti di creazione invita a leggere la differenza sessuale come chiamata, rivolta ai due, ad aprirsi all’altro (Genesi 2) e portare frutto con l’altro (Genesi 1). È quanto suggerisce la Rivelazione trinitaria, in cui la pericoresi dei Tre illumina la correlazione tra differenza sessuale, oblazione e generatività. Nella vita trinitaria le differenze personali sono vie alla comunione fruttuosa e ogni altra differenza, come quella sessuale, sorge dalla differenza trinitaria quale via all’unione generativa. È quanto sostiene il Cardinale Angelo Scola: «La differenza sessuale, luogo in cui l’io, in quanto corpore et anima unus, incontra l’oggettiva presenza dell’altro, apre la possibilità della relazione tra i due, rivelando il proprio intrinseco orientamento (amoroso) al dono. Da questo scambio tra i due fiorisce sempre un frutto (fecondità) […] Nelle relazioni e missioni trinitarie, che culminano con la genesi della Chiesa Sposa ad opera di Cristo Sposo nell’evento della Pasqua, ritroviamo la differenza, il dono e la fecondità, cioè l’inscindibile intreccio dei tre fattori costitutivi del mistero nuziale»[36].

Il carattere nuziale dell’amore umano, sotteso alla narrazione genesiaca e pienamente svelato dalla Rivelazione trinitaria, invita a enucleare le esperienze primordiali della vita, che compongono la grammatica dei rapporti famigliari, entro cui matura l’identità personale e si realizza l’edificazione sociale: riconoscersi figlio e figlia, essere sposo e sposa, diventare padre e madre.

La prima identità della persona, che si pone come dato ineludibile e fondamentale, è quella di essere figlio o figlia. Il termine natura deriva dal greco φύσις, che significa generazione, e dalla sua traduzione latina natus, participio passato del verbo nasci, che significanascere. L’etimologia indica che l’esperienza del nascere è universale e sottende l’idea che l’elemento comune del vivere è l’essere generati. L’evento della nascita è emblema della condizione umana, in cui la libertà si realizza innanzitutto nel riceversi[37].

“L’identità filiale, custodita e coltivata nella relazione coi genitori, costituisce il primo fondamento della chiamata ad essere sposo e sposa per giungere a diventare padre e madre, in quanto è solo nel riceversi che la persona impara a donarsi.”

La nascita ha sempre fisionomia di evento grazioso, in quanto nessuno si fa da sé, ciascuno riceve la vita, e tale evidenza non sarà oscurata neppure qualora si arrivasse a clonare la persona: anche in quel caso il clonato presupporrebbe un clonante. Tuttavia, la dignità umana comporta l’esigenza di essere generati da un atto d’amore, in quanto, non nell’atto tecnico della produzione, ma nel gesto personale di donazione reciproca degli amanti, il figlio è ricevuto come dono. Per questo motivo, le pratiche che scindono l’evento procreativo dall’atto unitivo, ancor più qualora recidano l’unità genitoriale di ordine biologico, ostetrico/gestazionale e sociale, sono lesive della generazione e feriscono il rapporto di filiazione[38].

L’identità filiale, custodita e coltivata nella relazione coi genitori, costituisce il primo fondamento della chiamata ad essere sposo e sposa per giungere a diventare padre e madre, in quanto è solo nel riceversi che la persona impara a donarsi. L’esperienza della libertà come dimensione che sorge e si alimenta nella relazione con un’altra persona è la sorgente da cui la persona attinge per edificare e formare la comunione di persone caratteristica della realtà famigliare. Al contrario, la concezione individualista della libertà, sradicata dalla relazione di figliolanza, indebolisce l’identità del soggetto e la sua capacità di adoperarsi per l’altro. È quanto sostiene la saggista Mary Eberstadt, secondo cui la crisi identitaria odierna, attestata dal tema pervasivo e divisivo delle politiche identitarie, è dovuta in primo luogo alla grande dispersione famigliare connessa al fenomeno della rivoluzione sessuale: la persona, al di fuori dei rapporti famigliari basici, fatica a riconoscersi e donarsi[39].

La persona, dunque, non è individuo autonomo e isolato, ma essere-in-relazione, la cui identità matura nelle relazioni famigliari dell’essere figlio e figlia, sposo e sposa, padre e madre, come ha rilevato Benedetto XVI nel dicembre 2012, in occasione degli auguri natalizi alla curia romana: «Mi ha colpito che nel Sinodo si sia ripetutamente sottolineata l’importanza della famiglia per la trasmissione della fede come luogo autentico in cui si trasmettono le forme fondamentali dell’essere persona umana […] Nella questione della famiglia non si tratta soltanto di una determinata forma sociale, ma della questione dell’uomo stesso – della questione di che cosa sia l’uomo e di che cosa occorra fare per essere uomini in modo giusto […] Con il rifiuto di questo legame scompaiono anche le figure fondamentali dell’esistenza umana: il padre, la madre, il figlio; cadono dimensioni essenziali dell’esperienza dell’essere persona umana»[40].

Come insegna il papa emerito, le relazioni famigliari sono decisive per la trasmissione della fede, in quanto hanno qualità religiosa, ovvero manifestano la prossimità di Dio, carica di benevolenza e gratuità[41]. Inoltre, i rapporti famigliari offrono un solido apporto all’edificazione sociale, in quanto costituiscono l’ambito privilegiato per la maturazione della persona e favoriscono l’attitudine alla generosità e all’aiuto reciproco, alla lealtà e alla fiducia, che fondano la base della convivenza civile[42].

3. Note conclusive

L’essere umano, fatto a immagine e somiglianza del Dio Unitrino, trova la sua identità nella comunione di persone, di cui la famiglia è paradigma: essere figlio e figlia per diventare sposo e sposa e giungere ad essere padre e madre. La famiglia fondata sul matrimonio esprime in modo emblematico il carattere nuziale (comunionale e generativo) dell’amore, di cui la verginità documenta la strutturale origine da Altro e apertura all’Altro[43]. In tal senso, la famiglia porta luce sulla verità dell’uomo e di Dio: la comunità famigliare, in cui la persona comprende di essere figlio e figlia amata, impara a condividere l’amore come fratello e sorella, scopre di essere chiamata a donarsi come sposo e sposa e a generare come padre e madre, è immagine della comunione trinitaria[44]. Per questo motivo, rileva la Eberstadt, la famiglia è realtà intrinsecamente connessa alla dimensione religiosa, con cui collabora per la maturazione della compagine sociale: «Famiglia e fede sono la doppia elica invisibile della società: due spirali che, quando legate insieme, possono riprodurre efficacemente, ma la cui forza e spinta dipendono l’una dall’altra»[45].


* Alberto Frigerio è sacerdote della Diocesi di Milano. Professore incaricato di Etica della vita presso l’ISSR di Milano e docente di Religione presso il Centro di Formazione Professionale In-Presa di Carate Brianza. Laureato in Medicina e Chirurgia, ha conseguito un Master in Integrative Neuroscience presso l’University of Edinburgh, Scozia. Ha conseguito la Licenza e il Dottorato in Sacra Teologia al Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II, Roma e Washington.

[1] L. Irigaray, Éthique de la différence sexuelle, Minuit, Paris 1984, 13.

[2] F. Giardini, La rivoluzione sessuale, Edizioni Paoline, Milano 1974. C. Sweeney, “Rivoluzione sessuale”, in J. Noriega – R. & I. Ecochard (a cura di), Dizionario su sesso, amore e fecondità, Cantagalli, Siena 2019, 839-844.

[3] M. Eberstadt, Adam and Eve after the Pill. Paradoxes of the Sexual Revolution, Ignatius Press, San Francisco 2012.

[4] A. Fausto-Sterling, Sexing the Body: Gender Politics and the Construction of Sexuality, Basic Books, New York 2000, 147.

[5] G. J. de Carli – T. C. Pereira, On human parthenogenesis, «Medical Hypotheses» 106 (2017), 57-60.

[6] A. Jost et al., Studies on sex differentiation in mammals, «Recent Progress in Hormone Research» 29 (1973), 1-41.

[7] M. M. McCarthy, Sex and the Developing brain [second edition], Morgan & Claypool Life Sciences, 2017, VI.

[8] T. M. Wizemann – M. L. Pardu, Exploring the Biological Contributions to Human Health. Does Sex Matter?, National Academy of Science, Washington DC 2001.

[9] S. Hyde, Gender similarities and differences, «Annual Review of Psychology» 65 (2014), 373-398.

[10] W. Zammuner, “Identità di genere e ruoli sessuali”, in S. Bonino (a cura di), Dizionario di psicologia dello sviluppo, Einaudi, Torino 1994, 339-344.

[11] R. Iafrate, La figura paterna nelle relazioni familiari e sociali, «Anthropotes» 35/1 (2019), 251-266.

[12] J. Lacan, Le Séminaire. Livre XX. Encore (1972-1973), Seuil, Paris 1975, 73s.

[13] L. Bereni – S. Chauvin – A. Jaunait – A. Revillard, Introduction aux études sur le genre, De Boeck Supérieur, Bruxelles 2012.

[14] R. Fanciullacci,“Il significare della differenza sessuale: per un’introduzione”, in R. Fanciullacci – S. Zanardo, Donne e uomini. Il significare della differenza, V&P, Milano 2010, 3-59.

[15] G. Rubin,“The Traffic in Women: Notes on the Political Economy of Sex”, R. Reiter (ed.), Toward an Anthropology of Women, Monthly Review Press, New York 1975, 157-210, 159.

[16] J. Butler, Bodies That Matter: On the Discursive Limits of “Sex”, Routledge, New York and London 1993, XV.

[17] C. Paglia, “Free Speech and the Modern Campus”, in Id., Provocations, Pantheon, New York 2018, 369-381, 379.

[18] S. Agacinski, Femmes entra sexe et genre, Seuil, Paris 2012, 145-146.

[19] E. Husserl, Méditations Cartésiennes § 44, Librairie Philosophique J. Varin, Paris 1980.

[20] P. Ricoeur, Soi-même comme un autre, Seuil, Paris 1990, études 10.

[21] C. Vigna, “Sulla liquefazione del Gender”, in C. Vigna (a cura di), Differenza di genere e differenza sessuale. Un problema di etica di frontiera, Orthotes, Napoli-Salerno 2017, 25-45, 38.

[22] C. Vigna, “Prefazione”, in C. Vigna (a cura di), Differenza di genere e differenza sessuale. Un problema di etica di frontiera, Orthotes, Napoli-Salerno 2017, 5-9, 5.

[23] S. Agacinski, Politique des sexes. Précédé de Mise au point sur la mixité, Seuil, Paris 2001, 57.

[24] F. Collin, “Différence et différend. La question des femmes en philosophie”, in F. Thébaud (éd.), Histoire des femmes en Occident. Le XXe siècle, vol. 5, Plon, Paris 1992, 243-273.

[25] S. Zanardo, Gender e differenza sessuale. Un dibattito in corso, «Aggiornamenti sociali» 65/5 (2014), 379-391.

[26] L. Muraro, “Prima lezione. La rivoluzione simbolica di partire da sé. Le tre ghinee di Virginia Woolf”, in R. Fanciullacci (a cura di), Tre lezioni sulla differenza sessuale e altri scritti, Orthotes, Napoli-Salerno 2011, 23-36.

[27] S. Zanardo, La questione della differenza sessuale, «Aggiornamenti sociali» 66/12 (2015), 833-844, 843.

[28] S. Zanardo, “Differenza di genere e differenza sessuale”, in C. Vigna (a cura di), Differenza di genere e differenza sessuale. Un problema di etica di frontiera, Orthotes, Napoli-Salerno 2017, 13-24, 24.

[29] G. Borgonovo, L’eziologia metastorica, Pro Manuscripto, Seveso 2008-2009.

[30] P. Rota Scalabrini, “Da principio fu così … Antropologia e teologia della coppia in Genesi”, in G. Angelini (a cura di), Maschio e femmina li creò (Disputatio 20), Glossa, Milano 2008, 117-149, 144.

[31] R. Hinschberger, Image et resemblance dans la tradition sacerdotale Gn 1,26-28; 5,1-3; 9,6b, «Revue des sciences religieuse» 59 (1985), 185-199: 192.

[32] Le conclusioni esegetiche richiamate sono state riprese dalla Lettera apostolica Mulieris dignitatem di Giovanni Paolo II, che per il Card. Marc Ouellet è il testo magisteriale più audace sull’imago Dei: M. Ouellet, Mistero e sacramento dell’amore. Teologia del matrimonio e della famiglia per la nuova evangelizzazione, Cantagalli, Siena 2007, 176.

[33] J. Ratzinger, Fede, Verità e Tolleranza, Cantagalli, Siena 2003, 263-264.

[34] Y. Simoens, Homme et Femme. De la Genèse à l’Apocalypse, Éditions Facultés Jésuites de Paris, Paris 2014, 33.

[35] G. Ravasi, Il racconto del cielo. Le storie, le idee, i personaggi dell’antico testamento, Mondadori, Milano 1995, 38.

[36] A. Scola, Il Mistero Nuziale. Uomo-Donna. Matrimonio-Famiglia, Marcianum Press, Venezia 2014, 14 e 278.

[37] F. Ulrich, Der Mensch als Anfang: Zur philosophischen Anthropologie der Kindheit, Johannes Verlag, Einsiedeln 1970.

[38] A. Pessina, La generazione dell’inganno. A margine della legge 40, «Vita e Pensiero» 3 (2014), 146-150.

[39] M. Eberstadt, Primal Screams. How the Sexual Revolution created Identity Politics, Templeton Press, West Conshohocken 2019.

[40] Benedetto XVI, Presentazione degli auguri natalizi alla Curia romana, Sala Clementina, venerdì 21 dicembre 2012.

[41] M. Martino, “Genitori testimoni dell’origine. La qualità religiosa dei legami familiari”, in M. Chiodi – M. Krienke(a cura di), Coscienza, cultura, verità. Omaggio alla teologia morale di Giuseppe Angelini (Quodlibet 39), Glossa, Milano 2019, 309-323.

[42] P. Donati, La famiglia. Il genoma che fa vivere la società, Rubbettino, Soveria Mannelli 2013.

[43] J. Granados, Una sola carne en un solo Espíritu. Teología del matrimonio,Palabra, Madrid 2014, 333-357.

[44] L. Melina, Per una cultura della famiglia: il linguaggio dell’amore, Marcianum Press, Venezia 2006, 14-29.

[45] M. Eberstadt, How the West Really Lost God, Templeton Press, 2013, 22.





 

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Alberto Frigerio

Alberto Frigerio

Alberto Frigerio è sacerdote della Diocesi di Milano. Professore incaricato di Etica della vita presso l’ISSR di Milano e docente di Religione presso il Centro di Formazione Professionale In-Presa di Carate Brianza. Laureato in Medicina e Chirurgia, ha conseguito un Master in Integrative Neuroscience presso l’University of Edinburgh, Scozia. Ha conseguito la Licenza e il Dottorato in Sacra Teologia al Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II, Roma e Washington.

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