La grandezza di una testimonianza, la fedeltà di un insegnamento

Juan José Pérez-Soba and Stephan Kampowski

Estratto dall’introduzione di Juan José Pérez-Soba e Stephan Kampowski al volume da loro curato con la collaborazione di Eleonora Stefanyan, Lucerna pedibus meis. prudenza, amore e virtù. Saggi in onore di Livio Melina, Cantagalli, Siena 2021.

 

Il libro qui introdotto contiene una lettera di Benedetto XVI e saggi di: ✠ Massimo Camisasca F.S.C.B., ✠ Willem Jacobus Card. Eijk, ✠ Peter J. Elliott, ✠ Anthony Fisher O.P., ✠ Jean Laffitte, ✠ Andrea Bruno Mazzocato, ✠ Gerhard Ludwig Card. Müller, ✠ Luigi Negri, ✠ Giancarlo Petrini, ✠ Juan Antonio Reig Pla, ✠ Angelo Card. Scola, Sergio Belardinelli, Alexandra Diriart, Oana Maria Goţia, José Granados, Stanisław Grygiel, Stephan Kampowski, Jarosław Merecki S.D.S., José Noriega, Juan José Pérez-Soba, Furio Pesci, Tracey Rowland, Luigi Zucaro, Francesco Botturi, Alain Mattheeuws S.J., Ángel Rodríguez Luño, Carlos Scarponi, Réal Tremblay C.Ss.R., Olivier Bonnewijn, Brice de Malherbe, Alberto Frigerio, Paweł Gałuszka, Daniel Granada, Luis Granados, Joan Kingsland, Juan de Dios Larrú, Jean-Charles Nault, Juan Andrés Talens

 

“Il cristianesimo non è un’opera di persuasione, ma di grandezza”[1]. Questa frase di sant’Ignazio di Antiochia contiene un principio essenziale per l’evangelizzazione cristiana. È utile per tutti i tempi, ma soprattutto per un mondo che si vanta di aver superato il cristianesimo, e dove a ogni credente viene chiesto implicitamente o esplicitamente di spiegare le ragioni del suo essere cristiano[2].

Per il santo vescovo di Antiochia, il riferimento alla grandezza ha a che fare con la ragione del vivere, che si riferisce sempre al dono di Dio per eccellenza, l’ἀγάπη [agape], e che è la causa del suo “essere discepolo” di Cristo, che lo porta fino al martirio, seguendo il Maestro. Si tratta di una grandezza di vita che si manifesta nell’azione cristiana come lo splendore di una luce, secondo l’esortazione del Discorso della Montagna: “(…) perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli” (Mt 5,16). Questa grandezza è un principio dell’azione cristiana, ed è ciò che rende questa azione una fonte di luce.

L’affermazione evangelica, con il suo carattere dinamico, è legata all’immagine di un cammino che ha bisogno di essere illuminato per essere percorribile. La grandezza che guida il cristiano è per lui una luce per operare: “Chi opera la verità viene alla luce” (Gv 3,21). Questo è ciò che volevamo esprimere con il titolo di questo libro: “lucerna pedibus meis”, “lampada per i miei passi” (Sal 118,105). Tali parole del salmista riflettono un intimo desiderio dell’uomo, il quale anela a poter camminare nella luce. Per chi cammina nel buio, la lampada, lungi dall’essere un limite o un’imposizione, è invece una guida necessaria per la quale i suoi occhi sono grati.

La lampada è lo strumento menzionato da Gesù Cristo per spiegare come i cristiani siano la “luce del mondo” (cfr. Mt 5,14). Essa infatti genera una fonte di luce, che però non è centrata su se stessa, ma assolve l’umile servizio di fare “luce a tutti quelli che sono nella casa” (Mt 5,15). Non abbaglia. Piuttosto, offrendo la sua luminosità, immerge gli oggetti nella luce e li riempie di colore. Ci troviamo di fronte a una luce che riveste gli eventi quotidiani in modo tale da dare loro un senso.

Si riprende dunque l’immagine del cristianesimo come cammino[3], che richiede di essere insegnato e sul quale occorre accompagnare le persone. Il cammino, sostenuto dall’iniziativa divina, ha una sua finalità che guida l’impulso della libertà, la quale si manifesta come risposta ad una chiamata che ci precede. La fede è quindi una parte fondamentale di questo cammino, essendo la forza per i nostri passi[4]. È così che la fede ci viene presentata nella figura paradigmatica di Abramo: “La visione che la fede darà ad Abramo sarà sempre congiunta a questo passo in avanti da compiere: la fede ‘vede’ nella misura in cui cammina, in cui entra nello spazio aperto dalla Parola di Dio”[5].

Abbiamo pensato che questa frase sapienziale rispecchiasse molto bene il lavoro accademico che il Professor Livio Melina ha finora esercitato presso il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia (1987-2019) e che oggi si svolge in forme nuove. Il Professor Melina è stato allievo dell’Istituto, fin dal 1981, anno della sua fondazione da parte di san Giovanni Paolo II ed è stato il primo alunno a concludere il dottorato in Teologia del Matrimonio e della Famiglia nel 1985. Successivamente ne è divenuto docente e per molti anni poi ha guidato l’Istituto come preside (2006-2016). La sua opera di docenza, che ha avuto un grande impatto a livello internazionale, si è concentrata in modo particolare nell’aprire un cammino di luce per l’insegnamento morale nella Chiesa.

Siamo convinti della verità di quanto affermato da Benedetto XVI nella lettera da lui indirizzata agli editori di questo libro e che, con il suo permesso, lo introduce: “Livio Melina è senza dubbio uno dei grandi nella teologia morale di questo secolo”. È giusto, quindi, far riecheggiare tutta la sua opera e mostrarne la fecondità per la Chiesa. Si tratta di una realtà la cui ricchezza deriva dalla verità e dalla libertà di insegnamento, e che va valutata secondo il criterio prudenziale che ci viene proposto dal Vangelo: “Dai loro frutti li riconoscerete” (Mt 7,16). Occorre la pazienza del contadino per andare oltre la logica del potere, che è sempre effimera e tende ad essere miope. Invece, l’opera realizzata lungo anni di lavoro e di riflessione permane ben al di là dei cambiamenti della moda. Le mode, in generale, nascono già vecchie, perché si basano su idee passate e non costruiscono nulla.

 

“Livio Melina è senza dubbio uno dei grandi nella teologia morale di questo secolo”

Benedetto XVI

 

Da qui la necessità di riconoscere il qualificato servizio alla Chiesa che Mons. Livio Melina ha svolto con tanta onestà e dedizione e che ha dato forma a tutta la sua vita. La nostra ammirazione per il suo lavoro e la nostra gratitudine per quanto ci ha dato sono all’origine di questa pubblicazione, che è stata ideata già nel gennaio 2019, come si deduce dalla data della lettera con cui Benedetto XVI ha risposto così generosamente al nostro invito. Siamo grati al Papa emerito per la sua vicinanza a questa iniziativa, e per aver voluto dimostrare il suo affetto per Mons. Melina, che ha conosciuto già nel 1985, quando quest’ultimo iniziò il suo lavoro presso la Congregazione per la Dottrina della Fede. L’apprezzamento manifestato da Benedetto XVI, con tutta la sua autorità spirituale e intellettuale, è un contributo che dà senso pieno al libro intero. Partiamo quindi da questo riconoscimento sommamente qualificato di Melina e dell’immenso lavoro svolto dall’Istituto per Studi su Matrimonio e Famiglia, che ha raggiunto il mondo intero.

Detto ciò, non si tratta in queste pagine solo di omaggiare un maestro, che molto ancora continuerà ad offrirci anche in futuro con il suo lavoro ed il suo impegno costante, ma ciò che ci anima è anche il desiderio di mostrare il valore di una proposta positiva, capace di guardare al futuro e di svilupparsi in un clima di aperto dialogo con le varie posizioni ecclesiali, di cui Mons. Melina è stato e continua ad essere un pioniere. Pur avendo ricevuto la sua formazione in mezzo a tanti dibattiti morali ed ecclesiali, che hanno caratterizzato gli anni Settanta e Ottanta, ha saputo mantenere una visione più ampia, ben radicata nella tradizione ecclesiale e sostenuta dai contributi della filosofia più attuale, sempre accolti a partire dalla luce della fede. Allo stesso tempo, è sempre stato desideroso di chiarezza, tenendosi lontano da ogni irenismo e cogliendo le peculiarità di ogni pensatore. Nei duri anni in cui tanti teologi si screditavano a vicenda, Melina comprese che ciò era contrario al vero compito della ricerca teologica, che deve essere svolta liberamente e in un clima di comunione ecclesiale.

Anche se, per rigore accademico, abbiamo dato priorità al suo insegnamento nel campo della Teologia morale, nel quale ha speso la parte maggiore della sua attività, non possiamo ignorare ciò che è implicito nell’ampiezza del suo lavoro teologico e nel metodo che è stato aperto dal suo impegno. Egli è l’antitesi dello studioso chiuso nel suo piccolo ufficio che giudica il mondo intero dalla propria prospettiva particolare e parziale. Nella ricerca di un vero fondamento teologico della morale cristiana, Melina ha trattato argomenti di vasta portata, soprattutto in relazione con una teologia dell’amore che, con la sua luce, unifica tutta la teologia. Questa prospettiva gli ha permesso di superare la frammentazione razionalistica dei trattati, che ancora pesa sul modello abituale degli studi teologici. Proprio a partire dalla sua attività di Preside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia, in continuità con i suoi predecessori, i cardinali Carlo Caffarra e Angelo Scola, si vede come Melina abbia favorito un metodo di lavoro basato sul confronto aperto circa i grandi temi del presente dal punto di vista delle varie scienze teologiche e umane, promovendo un’indagine libera e profonda. È un aspetto che dobbiamo sempre tenere presente e che costituisce il contesto di questa pubblicazione.

[…]

“Il cristianesimo non è un’opera di persuasione, ma di grandezza”[6]. La frase di sant’Ignazio di Antiochia, che ha illuminato questa riflessione introduttiva del libro, contiene un riferimento al martirio. Nel martirio si testimonia la misura divina della grandezza umana, che è propria della vita cristiana insieme all’autentico senso della dignità umana, che si apprezza riconoscendo ciò per cui vale la pena dare la vita:

“Lungo tutta la storia umana i martiri rappresentano la vera apologia dell’uomo e dimostrano che la creatura umana non è un fallimento del Creatore, ma che, pur con tutti gli aspetti negativi verificatisi nella storia, essa è realmente illuminata dal Creatore. Nella testimonianza fino alla morte, si dimostra la forza della vita e dell’amore divino. Così proprio i martiri ci indicano anche ad un tempo la strada per capire Cristo e per capire che cosa significhi essere uomini”[7].

Queste parole, pronunciate dall’allora Cardinale Joseph Ratzinger durante il Congresso in occasione del decimo anniversario della Veritatis splendor organizzato dall’Istituto Giovanni Paolo II, sono una vera e propria manifestazione del senso morale dell’esistenza nella sua totalità umana. Come spiega san Giovanni Paolo II nella sua enciclica morale: “Nel martirio come affermazione dell’inviolabilità dell’ordine morale risplendono la santità della legge di Dio e insieme l’intangibilità della dignità personale dell’uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio: è una dignità che non è mai permesso di svilire o di contrastare, sia pure con buone intenzioni, qualunque siano le difficoltà”[8].

In una vita dedicata all’accademia non siamo noi a possedere la verità, ma è piuttosto la verità che ci possiede e che deve guidare tutte le nostre azioni. Così si darà testimonianza della dignità della persona umana al di sopra della logica del potere e delle pressioni sociali. Ci si apre a un senso di verità che ci chiama e ci guida. Per dirla con Benedetto XVI: “Occorre considerare che la stessa verità è sempre più alta dei nostri traguardi. Possiamo cercarla ed avvicinarci ad essa, però non possiamo possederla totalmente, o meglio è essa che ci possiede e che ci motiva. Nell’opera intellettuale e docente, perciò, l’umiltà è una virtù indispensabile, che ci protegge dalla vanità che chiude l’accesso alla verità”[9].

Sapere e riconoscere che la verità è più grande di noi ci dà una profonda esperienza di libertà. La verità è una luce che ci rende liberi, mentre quando essa viene ridotta a qualcosa da dominare, c’è tanto da perdere:

“Sappiamo che quando la sola utilità e il pragmatismo immediato si ergono a criterio principale, le perdite possono essere drammatiche: dagli abusi di una scienza senza limiti, ben oltre se stessa, fino al totalitarismo politico che si ravviva facilmente quando si elimina qualsiasi riferimento superiore al semplice calcolo di potere. Al contrario, l’idea genuina di università è precisamente quello che ci preserva da tale visione riduzionista e distorta dell’umano”[10].

Cercare il senso genuino dell’umano e cercarlo in comune con gli altri è stata e continua ad essere l’intima ragione dell’insegnamento del professor Livio Melina. Tale è anche la motivazione di questo libro che testimonia un’amicizia nella missione ecclesiale di insegnare la morale, che come scienza teologica illumina le scienze umane ed è sempre più necessaria per l’opera evangelizzatrice della Chiesa. Si tratta di riconoscere, con ammirazione e gratitudine, un lavoro che promette una fecondità sempre maggiore e che il nostro professore ha svolto con generoso “impegno di amore”[11].

 

  1. Sant’Ignazio di Antiochia, Lettera ai Romani, III, 3, citato da Benedetto XVI, Discorso al termine dell’incontro con i Vescovi della Svizzera, 9 novembre 2006.

  2. Come lo intese già: R. Guardini, Das Wesen des Christentums, Werkbund Verlag, Würzburg 1938; e anche: J. Ratzinger, Einführung in das Christentum, Kösel Verlag, Monaco di Baviera 1968.

  3. Cfr. J. Ratzinger, “«Lo splendore della verità»: l’enciclica di Giovanni Paolo II sulla morale”, in id., La via della fede. Saggi sull’etica cristiana nell’epoca presente, Edizioni Ares, Milano 1996, 79-104.

  4. Cfr. Francesco, Lettera enciclica Lumen fidei, 29 giugno 2013, n. 8: “La fede ci apre il cammino e accompagna i nostri passi nella storia”.

  5. Ibid., n. 9.

  6. Sant’Ignazio di Antiochia, Lettera ai Romani, III, 3, cit.

  7. Ratzinger, “Il rinnovamento della teologia morale”, cit., 45.

  8. Giovanni Paolo II, Veritatis splendor, n. 92.

  9. Benedetto XVI, Discorso ai giovani professori universitari, 19 agosto 2011.

  10. Ibid.

  11. Sant’Agostino, In Iohannis Evangelium Tractatus, 123, 5 (CCL 36.678).

 

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Juan José Pérez-Soba and Stephan Kampowski

Juan José Pérez-Soba

Juan José Pérez-Soba è sacerdote della Arcidiocesi di Madrid e professore ordinario di Teologia Pastorale del Matrimonio e della Famiglia presso il Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II, Roma. È Direttore dell’Area di Ricerca in Teologia Morale presso il medesimo Istituto.

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Il Veritas Amoris Project mette al centro la verità dell’amore come chiave di comprensione del mistero di Dio, dell’uomo e del mondo e come approccio pastorale integrale e fecondo.

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